“Signorì, stiamo in treno da ieri sera alle otto. Il nostro si è fermato, quattro ore sott’una galleria. Ci stanno delle persone che si son sentite male, dodici ore che stiamo in treno, signorì.”
Non ho avuto cuore di far alzare la persona che ha occupato il mio posto, e sono andata ad occupare il posto di un altro – oppure un posto libero non prenotato, non lo so.
Che differenza tra le persone d’affari, impegnate e ben vestite che affollano questo euro star ogni mattina in direzione Milano e le persone che ieri sera sono partite da Napoli per un viaggio che presumo volesse essere di piacere o di altro, non certo di alta professionalità. Dodici ore su un treno che non si muove sono devastanti per chiunque, temo.

Intanto la giornata sembra bella. Una di quelle fredde giornate di ottobre, dalle temperature quasi rigide, lontane assai dal tiepido sole di settembre che fino a pochi giorni fa ci faceva compagnia. La terra è scura e umida, si prepara a fare scorta per l’inverno. Solo gli alberi sono ancora verdi, benché stanchi: presto perderanno le foglie. I campi vuoti e gli uccelli che volano in formazione compatta completano l’affresco di pianura padana che si sviluppa davanti ai miei occhi assonnati.

Il mese ancora non si è concluso e io già mi spavento per quel che verrà nel futuro. Intanto, mi attende una udienza per un contenzioso con il vicino di casa (sì, siamo riusciti ad avere il vicino di casa più astioso della storia, rinomato in città); una cena di classe con pochi ma buoni compagni delle elementari – e speriamo venga anche Anna, che da poco tempo (per quel che ne so) vive su una sedia a rotelle; un allestimento di una fiera; una conferenza stampa con aperitivo e degustazione aggiunta; una cena tradizionale da organizzare; uno smontaggio fiera; un discreto o buon numero di chiacchiere con colleghi storici che stanno per prendere nuove vie e amici recenti come da tradizione inaugurata lo scorso anno.
Il due di novembre si comincia finalmente con la prima seduta di Metodo Grinberg…

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