Se viaggiare è sperimentare i propri limiti per la curiosità di conoscerli e superarli, aprirsi ad esperienze diverse dal solito con l’umiltà della neofita o quasi, non ho mai viaggiato tanto come in questi giorni. Se invece viaggiare è muoversi da un luogo all’altro, fisicamente e con la fantasia, è bastato un giorno a Milano per aprire nuove prospettive.

Credo si capisca, avrei due post da scrivere.
Uno è quello casalingo, uno è quello del viaggio.

Il viaggio e la sintesi
Milano vista senza l’affanno del lavoro ha il suo fascino e che la mostra di Steve McCurry merita decisamente una gita (informazioni e dettagli qui). Ho mancato Edward Hopper, ma ho compensato con due begli incontri. Non sono abile nel trasferire su carta certi momenti: lei lo ha detto meglio di quanto potrei fare io

Il post casalingo: ho aperto le ostilità con la cucina, la lavanderia e i mobili. Beh, sono riuscita a rompere lo sportello della lavatrice e a stirare pochi pezzi – tra cui una antipatica camicia - a perfezione. Devo lavorare sulla velocità di esecuzione in effetti. Quanto alla cucina, posso dire che la battaglia si è conclusa in pari. Io non sono una brava cuoca, non lo sono mai stata e dubito che si svilupperà in modo imprevisto questo talento che sono conscia di non avere. Me la cavo con i dolci, probabilmente perché amo mangiarne e per questo il mio gusto si è affinato. Ma certo non sarò mai un grande chef. Però in questo scampolo di dicembre mi sono divertita a cucinare per me e mio fratello (mio padre, come molte persone della sua età, non ama le sperimentazioni e ha gusti definiti e assai marcati dai quali è difficile farlo deragliare).
Due tipi di dolci: i biscotti dei tre re (da un saggio libro di cucina, il Manuale di Nonna Papera riemerso dalle nebbie dell’infanzia) – buoni ma troppo burrosi per i nostri gusti (sarebbero quasi perfetti come lingue di gatto, se tirati in formelle sottili), e un dolce alla cioccolata, pepe e basilico ripescato dal bistrot di Lise e Metroicon.
Una pasta alle zucchine (ok, ricetta facile e sperimentata, con tanto di attenzione al condimento – trucco da memorizzare sempre, a meno che siate vegetariani: pochi listelli di pancetta coppata aggiunti al sugo di verdure ne mutano il sapore in meglio, praticamente sempre).
Una trota al forno con aromi – io ho portato la ricetta, altri l’hanno cucinata.
Infine un antipasto – almeno così mi è stato offerto nella patria del Prosecco – trattato in casa come primo piatto degno di nota. Ecco la ricetta – a spanne: del resto, quale ristorante darebbe le giuste quantità agli avventori che chiedessero lumi su quanto assaporato?

Per due persone. ‘Antipasto d’autunno’
  • Una zucca violina non troppo grande
  • Due patate di medie dimensioni tagliate a tocchetti
  • una cipolla piccola tagliata a spicchi
  • mezzo bicchiere di latte intero
  • una confezione piccola di stracchino (sembrano quasi un monoporzione)
  • pepe – sale – noce moscata
  • due noci sbriciolate
  • quattro foglie di radicchio tenero (quello trevigiano, o il tardivo)
  • una spolverata di parmigiano e pangrattato
Mettete a cuocere in acqua fredda la zucca con la patata e la cipolla, tutto tagliato a tocchetti. Quando l’acqua arriva a bollore, salate e lasciate cuocere per cinque – dieci minuti massimo: i tocchetti devono essere teneri ma sodi. Passate tutto al frullatore diluendo con il latte a discrezione – deve venire una vellutata di media densità e molto dipende dalle singole verdure. Aggiungete pepe e noce moscata.

Preparate i piatti – al ristorante ci avevano servito il tutto in bicchieri triangolari da aperitivo – mettendo sul fondo un pezzo (metà, nel caso nostro) di stracchino e ricoprendo il medesimo con la vellutata bollente (se si fosse raffreddata nel frattempo ripassatela velocemente sul fuoco). Spolverizzate la vellutata con pangrattato e la noce sminuzzata, decorate con il radicchio tagliato a listelli e servite con il parmigiano a parte. Buon appetito

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