Stamattina sul viale della stazione ho incontrato un finto giovane.
Un uomo precocemente invecchiato, con l'aria consumata (dalla vita  o dalle droghe non saprei dire), con indosso una maglietta rossa, jeans blu e capelli lunghi e striati di grigio. Per un lunghissimo momento, complice la miopia, l'ho scambiato per R.

R. è stato per lungo tempo una delle persone che conoscevo meglio.
Poi si è rotto qualcosa (non ho mai capito se si è rotto il rapporto o si è rotto lui) e improvvisamente tutto quel che riguardava me - che fosse indifferentemente pensiero, parola, o azione - si è trasformato in fastidio, imposizione, commento critico e nulla più.
Credo che R. ad un certo punto mi abbia investita mio malgrado ("a mia insaputa" cit.) lo sgradevole ruolo del grillo parlante, coscienza morale che richiama asll'ordine e che proprio per questo è tanto più sgradita quanto più sappiamo di essere sulla via meno adatta a noi. Eppure non ho mai voluto quel ruolo, soprattutto con lui, e soprattutto da quando ho perso stima per lui.
Ma bastava dicessi, nell'ultimo anno e mezzo "ciao come stai ti vedo bene" per far partire un lunghissimo momento di disquisizione "ecco ce l'hai con me io faccio quel che mi pare io non sono come te" ecc ecc.

Ad agosto dello scorso anno una lunghissima discussione telefonica - o meglio un lunghissimo monologo telefonico, con me muta in mezzo alla via ad osservare il telefono, in compagnia di un buon conoscente che è stato testimone involontario del delirio - ha segnato la fine di ogni possibile rapporto di civile convivenza.
E' da allora che di R. non so più nulla. L'ho intravisto per strada, di molto lontano, e niente più.
Non ho nemmeno voglia di augurargli buona vita, perchè è troppo distante ormai. Ma spero che abbia ritrovato un minimo di equilibrio, e che prima o poi riesca anche a trovare la sua strada.

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